I cavalli vengono ferrati da migliaia di anni, ma pochi sanno che in realtà durante l'epoca antica i cavalli venivano impiegati senza ferri e andavano contro spesso a vistose corrosioni degli zoccoli.
Lo zoccolo dei cavalli si usura con il tempo e nel caso in cui dovesse consumarsi troppo velocemente, per via dell'attrito con il suolo, l'animale comincerebbe a soffrire di dolorosi disturbi e infezioni. Questo in natura accade raramente, perché il cavallo raramente lavora e si sposta in continuazione, come invece accade quando è soggetto al controllo umano. I cavalli da lavoro, da trasporto e (in passato) da guerra erano invece sottoposti forzatamente per diverse ore al giorno a compiere sforzi notevoli e a camminare su terreni duri che corrodevano velocemente la superficie degli zoccoli, tanto da diventare zoppi nell'arco di poche settimane.
Per limitare questo fenomeno e salvaguardare gli zoccoli dei cavalli, le antiche popolazioni celtiche e romane cominciarono a inventare delle soluzioni che potessero salvaguardare gli arti degli animali, seppur il vero processo di ferratura comparve solo a partire dall'alto medioevo, nei popoli nord europei. Per capire l'importanza per gli esseri umani di questa invenzione, dobbiamo prima comprendere cosa sono in realtà gli zoccoli, come sono fatti e cosa rischiano gli animali che li consumano troppo.
Dal punto di vista anatomico, possiamo considerare lo zoccolo come un'unghia particolare, che ricopre la terza falange, l'osso navicolare e parte della seconda falange del piede del cavallo, costituito da un unico dito (caratteristica principale dei Perissodattili). E' costituto da materiale corneo e cheratina e presenta anche un cuscino plantare interno che, se esposto insieme alla punta del piede, chiamato fettone, provoca molto dolore e sanguinamenti. La sua superficie esterna si definisce muraglia e ha il compito di proteggere come un esoscheletro tutte le strutture interne dello zoccolo.
Nel caso in cui un cavallo non ferrato venga sottoposto a un lavoro intenso o a una prolungata corsa (come accadeva ai cavalli dei messaggeri degli eserciti antichi), le cellule germinative dello zoccolo non riescono a produrre sufficienti nuovi strati di cheratina in grado di contrastare l'usura della superficie, rendendo così l'intero arto incline a fratture, infezioni e ad ascessi. Proprio per ridurre questo rischio e non essere costretti ad abbattere l'animale, gli allevatori introdussero la ferratura che all'epoca limitava il numero di incidenti e tutelava la salute degli esemplari maggiormente impiegati in guerra così come nei campi.
Le origini della ferratura
Per quanto la ferratura si sia diffusa in Europa a partire dalla seconda metà del Medioevo, alcuni ritrovamenti di epoca celtica e romana hanno permesso agli storici di capire quale è stata l'evoluzione di questa tecnica che sembra essere comparsa a seguito di molteplici esperimenti effettuati dagli allevatori degli animali.
Il ritrovamento per esempio di un ferro di cavallo all'interno dei resti di una villa vicino a Neupotz, in Germania, ha indotto gli storici a pensare che i primi a ferrare i propri animali furono i romani, almeno a partire dal terzo secolo dopo Cristo. I resti infatti della villa di Neupotz risalgono all'anno 294, periodo in cui l'Europa era divisa dalla Tetrarchia degli imperatori Diocleziano e Massimiano.
Un altro reperto, considerato molto importante, è una ferratura completa (che avvolgeva lo zoccolo dell'animale) antecedente all'impero romano, oggi esposta nelle collezioni del museo di Ermont, in Francia, e attribuita alle ultime popolazioni gallo-celtiche che giunsero nella zona poco prima dell'arrivo di Giulio Cesare.
La ferratura che oggi conosciamo viene invece fatta risalire all'epoca medievale anche per una questione strettamente iconografica. Fino infatti all'alto medioevo e alla caduta dell'impero romano, nessun letterato o artista riporta nelle sue opere le descrizioni di un ferro di cavallo mentre le prime raffigurazioni di questo oggetto si rifanno ad un nodo celtico e arrivano molto tardi, vicino le sponde del Mediterraneo, in un'epoca successiva ai primi ritrovamenti conclamati di chiara origine medioevale.
Le ragioni per cui la ferratura non si diffuse a macchia d'olio durante l'epoca dell'impero romano sono diverse. Innanzitutto, per limitare i danni agli zoccoli dei cavalli, i romani avevano inventato delle soluzioni altrettanto brillanti. Per esempio, costruirono un'incredibile serie di stazioni di posta, dove i messaggeri e gli eserciti potevano far riposare gli animali, stanchi dalla marcia. I contadini, invece, selezionarono le varietà più resistenti e facevano riposare i loro animali uno per volta, sostituendoli con altri esemplari o con i muli, affinché non subissero delle ferite agli arti. Gli allevatori, inoltre, quando potevano facevano camminare gli animali sul suolo naturale, avendo già ben interpretato il rischio rappresentato dal farli muovere troppo sulle strade pavimentate e dure delle province romane.
Quando però l'impero romano cadde e le strade divennero impervie, con l'arrivo delle pestilenze e l'esigenza degli eserciti di fronteggiare velocemente molteplici aggressori, gli allevatori introdussero la ferratura in tutta Europa per affrontare quanto meno il problema della consunzione degli zoccoli dei cavalli. A differenza dell'epoca romana, inoltre, lavorare il ferro era divenuto molto più semplice e meno costoso, visto che c'erano riserve minerarie abbandonate provenienti dall'epoca precedente.
Cosa succede se non si ferrano i cavalli?
In natura esistono diverse popolazioni di cavalli selvatici o semi selvatici, come i Mustang presenti all'interno delle praterie nord americane. Un cavallo non ferrato quindi non per forza di cose rischia di subire la consunzione dello zoccolo o di patire enormi sofferenze a causa di questa mancanza. Tuttavia, per quanto riguarda i cavalli sottoposti ai suoli artificiali o a lavori pesanti, gli allevatori da secoli consigliano la ferratura, a seguito di diverse motivazioni.
Un cavallo che si muove molto in città o su delle strade sterrate va incontro a maggiori probabilità di affrontare una seria infezione agli zoccoli, dovuta agli urti su suoli duri. Le nostre carreggiate inoltre, come le strade lastricate di pietre di migliaia di anni fa, sono molto più infide dei sentieri di terra battuta che gli animali selvatici affrontano, quando esplorano il loro territorio naturale. I suoli artificiali sono più scivolosi e possono portare l'animale a slittare e a subire delle storte, condizione che aumenta esponenzialmente i casi di fratture come di rottura dello zoccolo.
Per limitare questi incidenti, quindi, gli allevatori hanno cominciato a usare i ferri da cavallo, in grado di aiutare il passo dell'animale nei suoli duri e di proteggerne la stabilità, quando sottoposti a condizioni critiche. Gli zoccoli dei cavalli inoltre sono costantemente sottoposti a suoli impregnati di ammoniaca, quando stazionano nelle stalle o all'interno dei recinti, per via della stessa urina che producono giornalmente. Separare quindi la superficie naturale dello zoccolo dal suolo impregnato di pipì permette ai cavalli di godere di maggiore salute ma chiaramente è doveroso pulire frequentemente le stalle affinché il suolo non si trasformi in fango e raggiunga comunque la superficie delle zampe degli animali.
Con la domesticazione progressiva dei cavalli, inoltre, questa specie ha cominciato a nutrirsi peggio rispetto ai loro antenati che erano abituati a mangiare giornalmente ingenti quantità di beta carotene tramite l'ingestione di bacche, erbe naturali e cespugli. Venendo allevati dagli esseri umani, i cavalli hanno quindi cominciato a subire gli effetti di un'impoverimento della loro dieta che si ripercuote anche sulla robustezza e la stabilità dei loro zoccoli. Lo zoccolo difatti cresce duro, robusto e flessibile solo con una nutrizione ottimale e nel caso in cui sono presenti delle carenze alimentari l'animale può soffrire perfino di zoppia o di zoccolo molle.
Per aiutare questi esemplari, gli allevatori hanno quindi cominciato a ferrare gli animali più deboli e a praticare quella che viene definita ferratura correttiva per risolvere anche problemi alla muscolatura o al sistema osteoarticolare delle loro zampe.
Recentemente alcuni esperti, tra cui la veterinaria tedesca Hiltrud Strasser e lo scrittore statunitense Jaime Jackson, hanno cominciato a dubitare dei vari effetti positivi della ferratura su questi animali, soprattutto in considerazione del fatto che oggi giorno sono sempre meno i cavalli costretti a lavorare in maniera intensiva nei campi o a correre per diverse ore al giorno su delle strade asfaltate. Perfino i cavalli da corsa e gli esemplari utilizzati durante le prestazioni olimpioniche oggigiorno infatti dispongono di diversi giorni di pausa, in cui vengono lasciati (almeno in teoria) a riprendersi dagli allenamenti. Così sono nate diverse correnti critiche nei confronti della ferratura, accusata di provocare danni agli animali e considerata alla stregua della tortura.
Fa male mettere i ferri ai zoccoli dei cavalli?
Secondo diversi appassionati di equitazione e lo stesso Jackson che abbiamo citato prima, sferrare i propri cavalli e limare i loro zoccoli affinché siano pronti a ricevere un nuovo paio di ferri è molto rischioso e aumenta notevolmente i casi di laminite e navicolite, due delle peggiori malattie che possono colpire i cavalli, che causano zoppia.
La prima è una infiammazione delle lamine dermiche del piede, mentre la seconda è una sindrome associata all'infiammazione o alla degenerazione dell'osso navicolare e dei tessuti circostanti. Entrambi provocano gravi sofferenze agli animali e impediscono talvolta perfino di saltare. In passato, quando i cavalli soffrivano di questi due malattie, venivano abbattuti per pietà da parte dei loro cavalieri e solo recentemente si è capito che parte del problema nasce dall'uso scorretto degli stessi ferri di cavallo.
I ferri infatti, se impiantati male all'interno dello zoccolo, possono provocare delle microlesioni interne che col tempo favoriscono l'insorgenza di queste due malattie e secondo i fautori dell'utilizzo del cavallo scalzo (in inglese barefoot horse) – una pratica ispirata dai libri e dalle esperienze di Jaime Jackson – non fanno altro che aumentare il rischio di rottura dello zoccolo.
In considerazione del fatto che gli individui moderni non lavorano più come un tempo e non sono sottoposti a usuranti spedizioni, i fautori di questo movimento consigliano alle persone di non ferrare i cavalli e di lasciarli "scalzi", come avviene attualmente per le popolazioni selvatiche o avveniva per la grande maggioranza degli esemplari impiegati durante l'epoca antica.
Ovviamente i sostenitori della ferratura sono andati contro questa posizione, ma in linea generale sembra che entrambi i gruppi abbiano concordato sul fatto che i cavalli più deboli o sottoposti a ingenti stress possano essere ferrati, dietro indicazione del veterinario, che dovrà decidere se impiegare o meno i ferri a secondo dell'età e delle condizioni di lavoro e di salute dell'esemplare.
Dal nostro punto di vista il cavallo può vivere sicuramente una vita agita scalzo ,ma se utilizzato per attività agonistica va ferrato come va tosato e tenuto bene. Chi vuole vivere il cavallo in maniera naturale deve smettere di montarlo e lasciarlo libero in ettari ed ettari di terreno.